Ci furono tempi in cui la viticoltura pinerolese era la prima della classe, in Piemonte, per qualità e valore. Le sette vigne sabaude sulla collina pinerolese, a San Secondo di Pinerolo e a Bricherasio, garantivano nel 1300 I’approvvigionamento enologico alla Corte dei Savoia, una fornitura che è continuata fino alla metà dell’800, e con esso il buon nome dei vini di queste terre nella Torino aristocratica.
Due sono gli elementi che segnano I’inizio della caduta di importanza della viticoltura pinerolese: il superamento in termini enologici operato da Alba e Asti che, dietro lo stimolo di Giulia di Barolo e delle competenze francesi da lei portate in Langa, “prendono il volo”, e la debacle fillosserica cui consegue una ricostruzione dei vigneti che annienta un tesoro ampelografico fatto di centinaia di vitigni autoctoni ideali per queste terre.
La nuova viticoltura del ‘900 determina I’arrivo nel Pinerolese di Barbera, Dolcetto e Freisa innestate su portainnesti di elevato vigore. La qualità dei vini pinerolesi peggiora, I’immagine decade, la viticoltura di questo territorio invecchia.
Da 20 anni la Scuola Malva è fautrice del rinnovamento della viticoltura e dell’enologia pinerolese, operando sulla rivalorizzazione delle antiche varietà autoctone, sull’assistenza tecnica in vigna, sulla sperimentazione di nuove tecniche di vinificazione.
Il lavoro della Scuola, condotto secondo i dettami dell’agricoltura biologica sia in vigna che in cantina, mira a trovare una nuova vocazione per la viticoltura pinerolese.
I vini qui presentati sono il modo migliore per raccontare il nostro lavoro.